Nelle Riflessioni Geografiche n. 16 avevamo ringraziato il presidente Trump per tutti gli spunti che stava dando alla Geografia. Ecco, anche meno, grazie Donald: come per gli autori di satira politica, il POTUS rischia di farci fare gli straordinari. Tre giorni fa, accogliendo il primo ministro di Israele, egli ha definito Gaza come “un incredibile pezzo di importante proprietà immobiliare”. Beh, a guardarla con gli occhi foderati di profitto, è di certo così: demolizione definitiva dei ruderi e di quanto resta in piedi, rimozione delle macerie, progettazione, ricostruzione, lottizzazione e vendita della nuova Cancun del Medio Oriente – wow, che acqua calda guys, anche in pieno inverno)… un grande businéss!!! Il PIL degli Stati Uniti e di Israele farebbero un bel passetto all’insù (e per una volta, non grazie alla armi!), e forse anche quello della Palestina (se esistesse).

(Photo: NYT, 2025)
Ma ecco che, in mezzo a questa follia, ci viene in aiuto la Geografia che ci riporta sulla Terra del buon senso e ci riordina le idee. Un territorio abitato da millenni rappresenta solo un valore immobiliare, o è anche qualcos’altro? Forse quella è la Terra degli antenati (come per i Sioux – oh cacchio, esempio sbagliato!), ha un valore storico, relazionale, culturale, religioso, comunitario, spirituale, geopolitico per milioni di persone; e forse anche il valore simbolico della resistenza all’oppressione, per miliardi di persone, tutti quelli che, ad ogni angolo del mondo, di qualsiasi Paese o religione essi siano, vedono riflessa in Gaza tutta l’ingiustizia sociale del passato e del presente e tutta la speranza del futuro. Un futuro che, di certo, non può e non deve passare per un cartello “for sale” in una agenzia immobiliare di Manhattan!