Lettera aperta (per la pace in Palestina) ai Geografi italiani


Prof.ssa Ilaria Caraci, presidente onorario CISGE
Prof.ssa Elena dell’Agnese, presidente A.Ge.I.
Prof. Claudio Cerreti, presidente SGI
Prof. Egidio Dansero, presidente SSG
Prof. Riccardo Morri, Presidente AIIG
Prof. Giuseppe Scanu, presidente AIC

Scrivo questa lettera aperta nell’eco del riuscito convegno di Noto su Geografia e … Turismo, nel quale tanti giovani hanno dimostrato, con interessanti e appassionate presentazioni, quanto la materia e la ricerca siano in buone mani.
Proprio in quei giorni sono giunte le notizie degli attacchi missilistici di Israele all’Iran e della conseguente, analoga risposta. Il conflitto come era prevedibile, si è ulteriormente allargato, aprendo nuovi scenari geopolitici e nuove devastanti ferite.
Come ricercatore e volontario, ho sempre cercato di portare il mio modesto contributo alla causa della pace; ma, confesso, mai come in occasione dell’orrore di quanto sta accadendo in Palestina da ormai 18 mesi, mi sono sentito impotente e sconfitto, tradito come italiano da una nazione che non riesce a prendere una posizione (almeno) per il cessate il fuoco, nonostante la luminosa eccezione del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella.
In momenti così pesanti, per non soccombere, viene spontaneo cercare supporto morale nelle comunità umane che si sente più affini.

Pertanto, da membro attivo della comunità dei geografi italiani, auspico che la geografia alzi la testa e recuperi la memoria, ricordandosi di essere una scienza di pace, di essere la scienza dei territori e quindi della comprensione e della costruzione di ponti tra le genti. E pertanto CHIEDO, da socio, che i presidenti dei sei principali sodalizi geografici italiani sottoscrivano un comune e accorato appello all’indirizzo del governo italiano, dichiarando, in maniera inequivocabile da che parte, in questo conflitto, stiano la scienza, la ragione, la geografia, ovvero l’unica possibile: quella della pace, senza se e senza ma.

Napoli, 18/06/2025
Con osservanza
Alberto Corbino, ricercatore, DISP-UNINA.

Pepe Mujica: il sud che può insegnare al mondo

Nel nostro modo di concepire il mondo esistono degli assiomi quasi dogmatici, uno dei quali è: Nord = sviluppo, Sud = sottosviluppo. Non basterebbe l’enciclopedia Treccani a spiegare i motivi storici, politici, economici, culturali di questa percezione; reggimenti di geografi di tutto il mondo hanno inchiostrato tonnellate di carta per sostenere questa tesi oppure (più recentemente) smantellarla. E di certo le poche righe post non possono aggiungere niente di nuovo al dibattito tutt’ora in corso. Ma una cosa possono farla: ricordare un uomo del Sud, Josè Alberto (Pepe) Mujica Cordano, già guerrigliero Tupamaro, già presidente dell’Uruguay, e il suo messaggio rivoluzionario di apologia della sobrietà, di invito alla pienezza della vita e alla ricerca della felicità nelle piccole cose di tutti i giorni (compresi i grandi ideali). Un messaggio che, se metabolizzato nelle politiche economiche nazionali e globali, basterebbe da solo a sovvertire qualsiasi significato e percezione precedente di sviluppo e aprirebbe una nuova era di convivenza pacifica dei popoli e tra questi e il pianeta. Intanto, gracias de todo Pepe!

Riflessioni geografiche n. 18: l’Italia ha meno cuore e più sen(n)o!

Questa settimana una notizia ha molto colpito la mia attenzione: secondo il Centro Nazionale dei Trapianti, dal 2015 (primo anno di applicazione della legge) ad oggi, la percentuale di italiani che, nel rinnovare la carta d’identità, ha esplicitamente espresso un diniego alla donazioni degli organi è aumentata dal 9,3% al 40,6% il dato più alto mai registrato! Cosa sta succedendo al Paese di poeti, santi e navigatori… non è che siamo diventati qualcos’altro senza neanche rendercene conto? A giudicare dall’epidemia di interventi di chirurgia estetica nel nostro Paese, che ha colpito anche i giovani, evidentemente ci stiamo talmente “narcisizzando” da essere arrivati a credere che la nostra plastica debba finire con noi nella tomba per abbellire il nostro scheletro quando ci avranno mangiato i vermi; o, che per chi crede nel aldilà, che San Pietro sia un estimatore di labbra a canotto e zigomi pronunciati!

Siamo un Paese con sempre meno cuore ma, in compenso, con più seno, con un “n” sola! Oltre le facili battute in un tentativo di sdrammatizzare questa triste situazione, restano due interrogativi. Uno geografico: quali politiche sono state adottate nelle province più virtuose (Trento, Sassari, Verona) in cui i tassi di donazione restano ancora alti e cosa non ha funzionato nelle province meno virtuose? E uno filosofico: se l’anima esiste, quand’è che l’abbiamo persa?

Riflessioni geografiche n. 17 – La democrazia non piace più a nessuno!

Come scrive Bernard Crick, professore emerito di dottrina politica e autore di Democracy – A very short introduction (Oxford University Press, 2002) “se esiste un solo vero significato di democrazia, questo è conservato nei cieli e, sfortunatamente, non ci è stato comunicato”.
E’ di ieri la notizia che Erdogan ha fatto arrestare il sindaco di Istanbul e suo principale concorrente alle prossime elezioni presidenziali. A gennaio è stato arrestato il presidente sud coreano Yoon per il fallito auto-golpe. A prescindere dalle definizioni, è evidente che questi siano solo gli ultimi di una serie lunga e globale di segnali che la democrazia non piace più a nessuno, tantomeno a chi governa. E così il POTUS, con la sua inebriante sfilza di ordini esecutivi, non perde occasione per dimostrare la sua “insofferenza” verso chiunque non la pensi come lui, confermando ciò che l’ex premier australiano  Malcolm Turnbull aveva affermato un anno fa: “Quando vedi Trump con Putin, come mi è capitato in alcune occasioni, è come il ragazzino di 12 anni che va al liceo e incontra il capitano della squadra di football”.
Questo non vuol dire che la democrazia – esperimento tanto recente quanto contrastato nella storia dell’umanità – sia fallita. Le piazze piene di manifestanti contro corruzione e caro vita in Turchia, Serbia, Kenya e Argentina (tanto per fare alcuni esempi recenti) sono la dimostrazione che un rigurgito di democratica passione alberga ancora negli animi dei più. Sebbene la lotta contro i regimi totalitari e le aspirazioni dittatoriali appaia sempre più ardua, noi continuiamo a sperare in una nuova, duratura primavera dell’umanità!

(Infografica: Democracy index 2024, da Economist Intelligence Unit 2025).

Riflessioni geografiche n.11

Già nel febbraio scorso il presidente della regione catalana ha proclamato lo stato d’emergenza a Barcellona e in 202 comuni a causa della forte siccità: acqua razionata a 200 litri al giorno a cittadini e attività commerciali. Febbraio, una volta mese invernale, sinonimo di basse temperature e precipitazioni abbondanti. Il 19 marzo in Sicilia è stato dichiarato lo stato di emergenza idrica in sei province fino al prossimo 31 dicembre. Marocco, Tunisia, Malta, Algeria le altre nazioni del bacino del Mediterraneo che stanno soffrendo a causa di piogge scarse e temperature più alte delle media (vedi immagine ).

Il Sindaco di Palermo ha emanato un’ordinanza per correre ai ripari e salvare le ultime gocce: dalle cinque del mattino alle undici di sera è vietato innaffiare le piante di balconi e di giardini, nonché lavare spazi comuni, o riempire piscine prive di un sistema di riciclo dell’acqua. La solita “politica del rattoppo”, per citare un libro del geografo Ugo Leone, docente di Politica dell’Ambiente all’Università Federico II di Napoli, pubblicato nel 1990, ben 32 anni fa, 3 decenni persi ai danni della stabilità di un territorio già “naturalmente fragile”, della sicurezza e del benessere delle comunità.
A quando una vera, consistente, coordinata politica conservativa per prevenire e non più rattoppare a livello nazionale, europeo, mondiale? A quale emergenza occorrerebbe, nell’Italia di oggi, dare priorità nella spesa pubblica?
(Immagine, Fonte: EU-JRC)
(Parole chiave: siccità, riscaldamento globale, politiche pubbliche, Sicilia).

https://www.editorialedomani.it/fatti/cambiamento-climatico-rapporto-legambiente-378-eventi-estremi-italia-31-vittime-2023-alluvioni-grandine-lxkcf5ye

La geografia emozionale delle alici urbane

La geografia emozionale è definibile come un “approccio di studio geografico che analizza territori e paesaggi non sulla base degli elementi fisici o sociali oggettivi, ma fondandosi sulla percezione, soggettiva ed emotiva, che di essi hanno gli individui e le collettività che ne fruiscono stabilmente (residenti) o temporaneamente (viaggiatori)” (Treccani.it).
Napoli, con il suo golfo, i suoi vicoli e la sua secolare identità meticcia è stata e continua a essere di certo un luogo di geografia emozionale per i tanti autori di street art, ormai diventata un tratto distintivo della città: ultimo in ordine di apparizione, le Alici Urbane. Di seguito, nelle parole dell’autore, il progetto.

alice urbana


“Non percepisco Napoli come una “Città sul Mare”, immagine di un agglomerato urbano soggetto ad un mero criterio di fortunata giustapposizione geografica. Leggo Napoli come un territorio intriso di Mare fin nelle sue viscere, caverne, anfratti. Il Mare invade la Città ogni giorno, tenta di far propri lembi di terra e brandelli di tessuto cittadino. E’ il Mare ad amare voluttuosamente Napoli, a tracciarla col sale a ogni andirivieni di risacca, incessabilmente, senza alcuna possibilità di redenzione.
Ieri, undiciaprileduemilaventiquattro, le Alici hanno invaso la Città saltando la recinzione cementizia dei blocchi. Pesciolini di ogni genere si insinuano tra i palazzi, appaiono tra una faccenda e l’altra, tra la “palestra del piccolo” e la “spesa per la cena”. Disturbano le fugaci alcove urbane degli amanti, fanno sorridere i bambini, detentori privilegiati della gioia pura.
Le Alici non hanno voce, ma “parlano” a tutti attraverso un brano musicale, nascosto in un QR Code tatuato addosso. Ogni “Alice” è attaccata al muro attraverso un leggerissimo velo di adesivo per carta, e chiunque può aiutarla a spostarsi, a migrare libera per la città. A patto di scattare una foto e registrare la sua nuova posizione: aggiornerò costantemente una Mappa delle Alici Urbane così che tutti potremo sempre sapere fin dove sono arrivate. Sperando che nessuno se ne appropri: diventerebbero istantaneamente dei pezzetti di carta spiegazzati senza storia e senza alcun valore. E soprattutto sarebbe interrotta la loro migrazione, la loro parabola di libertà“.

Tre domande sulla geografia oggi