Geografia sul campo: oltre la Terra dei Fuochi

Terra dei Fuochi è un toponimo col quale, per la prima volta in un report di Legambiente del 2003, viene indicato un territorio a cavallo tra le province di Napoli e di Caserta, in cui sin dagli anni ’80 la camorra locale, allora forza egemone di controllo territoriale, aveva sversato, interrato, affondato infinite tonnellate di rifiuti tossici e speciali, provenienti per la maggior parte da province del Nord Italia. Sullo stesso territorio, in aree agricole non lontane dagli assi viari più importanti, in tempi più recenti e fino ai giorni nostri, si è cominciato a bruciare scarti industriali provenienti da filiere produttive locali, riducendo una terra fertile e laboriosa a, appunto, una Terra dei fuochi. E’ qui che, da 40 anni e più, associazioni ambientaliste e antimafia, comitati civici, preti di frontiera, medici volontari cercano di strappare terra e terreno alla illegalità, al malaffare, al malgoverno, all’indifferenza istituzionale.

E’ qui che la prof.ssa Lucia Simonetti, coadiuvata dal dottorando e attivista di lungo corso Pasquale Pennacchio, ha deciso di concludere il suo corso di Politica ed Economia dell’Ambiente con gli studenti del Corso di laurea in Relazioni Internazionali e Analisi di Scenario della Università Federico II di Napoli, con un’escursione intitolata “Oltre la Terra dei Fuochi”.
L’intento è stato quello di uscire dalle pagine dei libri di testo e vedere con i propri occhi cosa è possibile conquistare e creare con il sapere, la dedizione, la passione per la bellezza e per la giustizia.
Nella sede dell’Ente Riserve Volturno Licola Falciano prima e camminando all’interno di tre aree protette del territorio poi, gli studenti hanno potuto incontrare molti protagonisti di questa lunga stagione di riscatto: Giovanni Sabatino, presidente dell’Ente Riserve; Rino Esposito, coordinatore regionale LIPU e direttore dell’Oasi delle Soglitelle; i carabinieri – forestali della Riserva Statale Castelvolturno; Alessandro Gatto, coordinatore regionale delle Guardie Giurate del WWF; Vincenzo Ammaliato, presidente dell’Associazione Domitia; Giovanni Papadimitra, presidente Comitato Kosmos. Tutt’intorno una natura di straordinaria suggestione, ritornata a ospitare centinaia di specie di uccelli migratori e stanziali. E anche questo è un percorso di pace e verso la pace.

Riflessioni geografiche n.14

Nel 2014 le Nazioni Unite hanno proclamato il 13 giugno “IAAD – International Albinism Awareness Day“, la giornata internazionale della consapevolezza dell’albinismo. Il 13 giugno a Wakiso, sobborgo di Kampala, Uganda, si tiene ogni anno una grande manifestazione per celebrare questa data, che richiama le persone con albinismo (in particolare donne e bambini) provenienti dall’immenso distretto. La Fondazione Cariello Corbino sostiene questo progetto da 5 anni. Avendo assistito direttamente alle ultime tre manifestazioni, riusciamo ora a comprendere la doppia valenza del termine “awareness – consapevolezza”, che è sia rivolta al “mondo nero” – per far capire che l’albinismo sia una malattia genetica e non opera del demonio – sia a loro stessi, persone che, nonostante questo handicap, devono sentirsi meritevoli della stessa dignità degli altri e capaci di raggiungere qualsiasi traguardo sia umano che professionale.
In molti paesi Africani le persone affette da albinismo, in particolare nei contesti più economicamente e culturalmente arretrati, sono soggetti a un fortissimo e crudele stigma sociale, che si aggiunge ai gravi problemi di salute causati dall’assenza di melanina a longitudini dove i raggi solari sono particolarmente impietosi.
E’ duopo ricordare che il tema delle discriminazioni, in ogni forma, è particolarmente sentito in geografia (cd. studi postcoloniali geografia per l’inclusione, geografia di genere, geografia e razzismo, queer geography,..).

Foto: la marcia di apertura del 10° IAAD a Wakiso (A. Corbino, 2024).
(Parole chiave: albinismo, Africa, diritti umani, discriminazione).


Identità territoriale & the city (Napoli).

Alcuni momenti dell’incontro A.Ge.I – Identità Territoriale a Napoli (AAVV).

Il 31 maggio e 1 giugno 2024 studiosi aderenti all’A.Ge.I. – gruppo Identità Territoriali, si sono trovati a Napoli per ragionare di Identità Urbana, partendo dal capoluogo partenopeo, stravolto in questi ultimissimi anni da un incremento esponenziale del turismo di massa.
All’indubbio successo dell’incontro, a cui hanno partecipato ricercatori e docenti delle Università di Bergamo, Bologna, Napoli – Federico II e Orientale, Palermo, Roma Tre e Udine, hanno contribuito 5 relatori, intervenuti in modalità informale e interattiva:

Stefano Fedele, giornalista e direttore di Open House Napoli, ha aperto i lavori con una mirabolante “lecture” presso il DISP- UNINA, sulla complessità della identità napoletana, viaggiando tra 2700 anni di storia, letteratura, arti figurative e visive;
Angelo ‘O Capitano Picone, istrionico presidente dell’Associazione degli artisti di strada Vico Pazzariello, ha alternato performance musicali e canore (accompagnato da Pina Perzechella Andelora) discutendo di turistificazione e resistenza culturale presso la sede associativa, nella parte ferita “ma non ancora a morte” del centro storico;
Alessandro Libraro, facilitatore dell’Associazione il Vagabondo – per un turismo responsabile nel Sud Italia, ha condotto fino ad un magico tramonto e oltre il gruppo attraverso la magia e le contraddizioni del Cavone;
Anna Fava, co-autrice dell’interessantissimo volume “Privati di Napoli“, ha discusso col gruppo di beni comuni e del controverso rapporto tra pubblico e privato in città;
Livio Cirillo ha illustrato l’innovativo progetto imprenditoriale di “ospitalità e cultura”, di cui è co-ideatore, ospitando il gruppo presso il magnifico “Magma Home“, che presenta, tra l’altro, elementi di forte coerenza in termini di responsabilità sociale e legami col tessuto economico locale.

Tante le suggestioni, tantissime le riflessioni del gruppo.
Ne riporto una, la mia, scaturita da un ragionamento tra geografia, identità territoriale e pace.
“Pensavo al rapporto identità territoriale – pace – Napoli. Forse, se
qualcosa abbiamo capito da queste intense ore di cammino e confronto, è che una Identità Territoriale così complessa, formatasi in millenni di “essere porto” e di dominazioni, in cui ancora oggi si erigono altari a “santi” stranieri (prima Gennaro, poi Diego), si fanno proprie e reinventano culture altrui (il babà polacco “rivisitato e sublimato” in una sorta di totem gastronomico; lo spritz e lo spritz Maradona; il Neapolitan blues di Pino Daniele, i ritmi meticci di Enzo Avitabile); una città in cui si accolgono e si dà lavoro (nonostante la crisi) a stranieri (Sri Lanka, ecc.), in cui si accetta (per necessità) di spostarsi un po’ più in là per fare spazio a uno straniero che però porta benessere (il turistame oggi, i soldati alleati nel secondo dopo guerra); una città che, in presenza di
un’amministrazione debole, si autogoverna da secoli nell’anarchia,
prendendosi gioco del potere (il Pazzariello in fondo è un clown con
una divisa addosso che scimmiotta il potere, con cappello napoleonico e
bastone, a prescindere da chi sia il governante di turno), un’Identità Territoriale siffatta, antica ma sempre contemporanea, porosa come il suo tufo, indaffarata nella sopravvivenza quotidiana, proprio per questo DNA necessariamente meticcio, non ha mai mosso guerra a nessuno.
E resta, pertanto, da sempre, un popolo di PACE!”.